martedì 7 aprile 2015

15: donne che fanno male

Lorenzo è il giovane aiuto regista di Bruno. Mi invita a seguirlo nella sede che hanno scelto per fare i casting. Lorenzo è alto, veste con pantaloni larghi, a tre quarti, una camicia colorata, scarpe comode. Ha i capelli lunghi, tirati dietro e legati da qualcosa. Porta occhiali rettangolari e parla con un evidente accento romanesco. E' belloccio e simpatico. Mi dà subito idea d'un tipo in gamba e intelligente. Non mi sbaglio. Ma mi stupisco quando scopro che è anche saggio. Questa saggezza sembra essere caratteristica ricorrente in certi ventenni d'oggi.
Fa freddo. Ci dirigiamo verso la sede.
E' qui vicino - mi dice.
Sì, lo so.
La grande porta con il vetro smerigliato è chiusa ma qualcuno da dentro deve averci visto perché sento lo scatto della serratura. Entriamo.
Saluta la segretaria che, assiepata dietro a una scrivania, manco vedo.
Fabbi, ci mettiamo di là - le dice.
Lei gli risponde qualcosa. Lui le sorride. Mi fa accomodare nella grande sala con le poltroncine rosse. C'è un po' di casino in giro. Gente che si dà da fare con macchine da presa, cavalletti, luci, microfoni.
Quanti anni hai? - gli chiedo.
Fra un po' compio ventidue anni.
Vai all'università?
Frequento la facoltà di Filosofia, quando posso.
Qui a Roma...
Sì, qui a Roma. Ma, questa, è proprio un'intervista allora...
Sì, certo.
Allora registra, registra pure.
Non ti dà fastidio?
Mannò, mi diverte. Che intenzioni hai?
Vorrei farne un documentario... Sul film che sta per girare Bruno...
Mal'essere è un film bello tosto...
Ma io mi fermo prima che inizino le riprese. M'interessa proprio questa parte, quella della preparazione...
Mah, io la trovo pallosissima.
M'intriga questa storia di Bruno che gira il suo primo lungometraggio a cinquant'anni...
Dove finisce Truffaut, prende il via Bruno. E, poi, Bruno ha girato una marea di altre cose... certo, per la televisione, mai per il cinema... Ma è uno che il mestiere lo sa...
E' da molto che lo conosci?
Saranno sei anni. Mi ha preso in simpatia. Mi fa fare qualche montaggio, partecipo alla vita della troupe. Non m'aspettavo che mi chiedesse di fare l'aiuto regista per questo film... Non credo di avere l'esperienza...
Mai fatto prima?
Mai fatto.
E' un ruolo impegnativo...
Lo so. Per questo sto studiando, raccolgo informazioni, cerco consigli. Non mi va di fare brutta figura con Bruno.
Ci tieni a questo lavoro...
No, è che tengo a Bruno. E' una persona importante nella mia vita.
Mi ha detto che sei molto bravo.
Sì, immagino. Ma non è questo il lavoro che voglio fare.
Cosa ti andrebbe di fare?
Non lo so ancora. Mi piacciono gli studi e le materie che sto facendo all'università...
Ma Bruno com'è sul lavoro?
E' lo stesso che conosci al di fuori del set. Keller è sempre uguale a se stesso.
Pretende molto dai suoi collaboratori?
Non è un tipo dispotico. Semmai ironico, di quell'ironia che a volte dà fastidio perché, lì dentro, ci trovi sempre la verità, no?
Sul set me l'immagino un po' come un padre padrone...
Massì, qualche volta lo sarà pure. Però ti assicuro che, in genere, è garbato. E, poi, ci tiene molto alla sua troupe, ai suoi attori... Gli piace che ci sia armonia... Vuole che ci si immagini come una squadra, tutti presi da un unico obiettivo. Per questo è molto attento ai consigli e alle proposte che gli danno gli altri. Non è un despota, te lo ripeto.
Ed Eva? Era una sua attrice?
Ah, Eva. Me lo ha anticipato che saresti andato a parare là...
Beh, in tutta questa storia è il punto più oscuro. Mi pare che ruoti tutto attorno a lei. I suoi amici e i suoi collaboratori che ho incontrato, alla fine, tirano sempre fuori questo nome... Anche Tania...
Tania è carina, no?
Certo, è carina...
Forse dovresti interessarti più a lei. Vedrai che, alla fine, sarà lei a dare un senso a tutta la storia...
Può darsi. Ma io volevo sapere di Eva.
Mi spiace ma non posso esserti granché d'aiuto... Io proprio non me la ricordo. 
Eppure lo frequenti da sei anni...
Sì, ma la mia frequentazione si limita molto all'attività che svolgiamo assieme. Qualche volta beviamo una birra in un pub qua vicino... Oddio, ora che ci penso, m'è capitato di vederla una volta, a una festa... una festa di ventenni e lui che si presenta con questa...
Allora l'hai conosciuta...
Ma, guarda, era un tale casino e ho un ricordo così vago... Una tipa slanciata, particolare, anche molto bella ma... non so perché, ho sempre pensato che lui avesse bisogno di una donna molto meno esuberante... più... dolce. Eva... è un po' come se l'avessi cancellata... Ci tengo troppo a Bruno.
E allora?
E allora ho avuto subito la sensazione che gli avrebbe fatto male.
Troppo bella?
Le donne di Bruno sono sempre belle. Hai conosciuto Tania?
Tania ti piace?
Beh, è bella, no? E sensuale... Comunque Bruno, alla fine, molla sempre...
Ha mollato anche con Eva, allora.
No. Non credo. Questa storia la conosco poco. Non me ne ha mai parlato con chiarezza. Forse perché sapeva che non condividevo.
Gli davi dei consigli?
Non ci credi, eh? Mi vedi troppo giovane... e Bruno lo vedi troppo sicuro...
Già.
Eppure mi dà ascolto. E, una volta, davanti a una birra, credo di avergli detto che lui, una donna così, non se la poteva permettere...
In che senso?
Gli sarebbe costata troppo. Perché era troppo perso, troppo fatto di lei.
Aveva perso la testa... Ma questa è una bella cosa, no?
Oh, forse sì. Ma non per Keller. Perché Keller ci va sempre giù duro, troppo duro. Non sa contenersi. Finisce con il farsi male, molto male; finisce con lo sfracellarsi... E un po' credo sia successo questo...
Mi pare in gran forma, non lo vedo così malaccio.
Dici? Non lo so. Spero che tu abbia ragione. Ma, sai com'è, quella donna era troppo perfetta per lui. Aveva tutte le cose al posto giusto, tutto ciò che lui aveva sempre desiderato. Era proprio stata partorita dal suo stesso desiderio...
Beh, fortunato, allora!
No. Non credo. Quando incontri una donna così... perfetta... o che credi essere così perfetta... allora ti va in pappa il cervello. Prima o dopo ti andrà in pappa. La gelosia e l'invidia prendono il sopravvento. Vuoi che tutti gli sguardi siano per te, che tutte le sue parole rimangano tue, che proprio i gesti non siano per altri... E a lui stava succedendo una cosa simile... La perfezione dell'altro si porta dentro questo dolore, questa felicità della quale sentirai sempre la mancanza. Avrebbe voluto assorbire questa donna. Ma è una cosa che non puoi fare. Bisogna apprezzare l'imperfezione dell'altro. Nell'imperfezione c'è la tua salvezza...
Beh, ora se n'è liberato, no? E' riuscito a venirne fuori.
Tu credi?
(A questo punto faccio uno strano gesto col capo, che non è né un sì né un no).
Io lo vedo molto triste. E annoiato. Ma tutta questa roba qui farà un gran bene al suo film. Un film, quando lo giri, devi essere incazzato. Se stai bene, che lo giri a fare?
Ma, insomma, com'è finita questa storia?
Te l'ho detto: non lo so. Lui non me ne parla. Forse perché ne ha vergogna. Teme un mio giudizio. Ma, io, giudizi non ne do.
E' strana questa cosa...
Quale cosa?
Sembra che tu sia il padre e lui il figlio. Da come ne parli...
Già. La sua età gli dovrebbe dare saggezza, forza, stabilità. Mi sa che non ha nulla di tutto questo. Sta cercando ancora la sua strada. Ma, vedi, è questa cosa qui che gli dà la forza e la voglia di cambiare. Altrimenti lo avresti trovato in pantofole e a giocare a carte in attesa della morte. Gli voglio bene per questo.

venerdì 3 aprile 2015

14. Perché (e come) scrive Bruno Keller

Metto su una musica e sento che funziona. Allora inizio a scrivere. Ho una traccia. Bene o male so dove devo arrivare. Ma come sarà il percorso, accidentato o meno, con voragini paurose, con buche profonde o liscio e piano, questo non lo so. Ci saranno eventi che, lungo la strada, mi meraviglieranno, mi stupiranno. Zero noia. Una certa fatica. Cose che pensavo di non conoscere ma che, da qualche parte, stavano dentro di me - non so come siano arrivate fin lì.

Ho un'idea precisa del perché scrivo. E del come arrivo a scrivere, di ciò che mi serve per scrivere.

Affonda nella notte dei tempi...
Ho fatto un lungo tratto di strada ripetendomi questo stupidissimo e banalissimo incipit. Comunque sia, volevo dire che affonda nella notte dei tempi questa intuizione che vede nella musica e nella danza (avete presente i dervisci?), la possibilità, per l'uomo, di perdersi, di entrare, di scendere in una realtà "altra", che lo illude di poter vedere meglio, più chiaramente, più a fondo, in quelle che sono le tenebre dell'animo umano, in quella cosa oscura che, altrove, chiamano inconscio - un inconscio che non è sotto o dentro di noi, ma ci è attorno, vaga come frammenti, come asteroidi che vagano nello spazio - la loro presenza è, però, più fitta tanto che crea un reticolato che ci avvolge e che ci unisce agli altri.
Maghi, santoni, sciamani e matti: tutti praticano questa melma, sono capaci di sprofondare - con tecniche diverse - in questa realtà più nascosta, che ha a che fare con i sogni e, alla fine, con l'alterazione delle percezioni. Una specie di presonno che mantiene un barlume di coscienza, che crea questa sensazione di stare qui e, contemporaneamente, in un altro luogo. I matti, in tal senso, vengono esclusi...
Alterare le percezioni, tenere saldi i piedi sulla terra e, al contempo, poter osservare un altro mondo. Alcool e droghe rendono questo effetto. O, ancora, una respirazione forzata, un'indecente quantità di ossigeno che affolla il cervello. E anche, in parte, la meditazione, almeno in parte. Questa alterazione ci illude di poter mettere ordine e dare un senso all'esistenza - mettiamo ordine anche alla morte.
"Dover" scrivere è questo. Diventa una necessità utile alla sopravvivenza propria e a quella altrui.

Questa cosa l'ha scritta Bruno Keller. Dopo giorni che non lo sento, che mi evito di chiamarlo, d'inseguirlo, mi manda questo messaggio su whtsapp. Ci avrà messo un'ora a scriverlo - io ci avrei messo tanto. Ma lui sarà stato più veloce.
Allora lo richiamo, gli chiedo come va.
"Mah, che ti devo dire? Sono finito all'ospedale..."
"All'ospedale?"
"Mentre facevo footing..."
"Ma dove sei?"
"A Napoli. Ma rientro lunedì. Ci vediamo? Ho qualcosa da dirti."
"Insomma, come stai?"
"Bene, tranquillo. Sovraffaticato. Credo che c'entri anche l'eccitazione per il film che sto per girare..."
"Stai male per il troppo godimento?"
"Non scherzare. Quando mi prendevano gli attacchi di panico, un bel po' di anni fa, nessuno credeva che fossero un sintomo di una felicità galoppante..."
"Ma dai! Ho letto il tuo messaggio... Ti sei messo a scrivere?"
"Beh, la sceneggiatura non si è scritta da sola..."
"Vabbe'..."
"Scrivo sempre. Dovrei scrivere di più Dovrei leggere di più. E' che sono troppo pigro... Ti va di fare una chiacchierata con il mio aiuto regista?"
"Mi parlerà di Eva?"
"Che vuoi da Eva?"
"Mi intriga."
"Non c'entra niente. Ma sei libero di fare le domande che vuoi. Questo gioco va così, me lo sono imposto."
"Bene."
"Ti giro il numero. Così scopri come torturo i miei collaboratori, contento?"
"Come no."

giovedì 19 marzo 2015

13. piccoli indizi dell'amor perduto

Quando incontro Lino ho la sensazione di conoscerlo da sempre - immagino sia capitata anche a voi la stessa, talvolta fastidiosa, tal'altra piacevolissima, sensazione.
Lino è il migliore amico di Keller eppure scopriamo immediatamente di avere un bel po' di cose in comune, a partire dal fatto che siamo nati nello stesso giorno, nella stessa città, a poche ore di distanza.
E Lino è un crepuscolare, come me, credo.
Ma lui deve esserlo diventato col tempo, a causa di cose che non gli sono andate quasi mai come dovevano, per un'attesa che s'è prolungata oltre ogni aspettativa.
Lo trovo così, stanco, forse anche un po' addolorato - ma magari è questo tempo grigio che ci circonda, quest'aria fredda che, dopo un po' che siamo seduti al tavolino, ci fa dire meglio entrare.
Quelli del bar ormai mi conoscono e, quasi, mi portano da bere senza che io glielo dica. Lino prende un succo di frutta con del latte - lo facevo anch'io, tempo fa.
"Questa sceneggiatura... sono anni che Bruno me ne parla. Quasi mi viene da dire che eravamo giovani..." e sorride su queste parole, un sorriso che vuole cacciar via questo amaro che gli sale alla bocca.
Ma Keller esce presto di scena, anche se io incalzo: "Ma Eva chi è? dove si trova? la posso incontrare?"
Eva. E Lino. Un altro sorriso inopportuno, un movimento del capo, un suono incomprensibile. "Oh, beh, sai... Eva piaceva anche a me. Piaceva a tutti. Me la sarei scopata anch'io, hai voglia!" Lo guardo, cerco di capire. "Non so dov'è. Credo che non si vedano più. Ma deve essere successo qualcosa tra loro due, qualcosa d'indicibile. Bruno, sai, mi parla di tutto, non ha remore. Sputa fuori i rospi e quello che ha dentro, un po' fregandosene della gente, di ciò che vuole sapere e di ciò che non vuole sapere - la gente. Ti spiattella tutta la sua vita in faccia. Ti obbliga ad ascoltarlo. Sarà felicissimo di questo tuo documentario... il suo ego sarà a mille... Ma di Eva non so più nulla. Improvvisamente lui, semplicemente, non me ne ha parlato. E, ora, lo vedi in giro con quest'altra...", "Tania.", "Sì, Tania. Un'altra ragazzina - ma lo dico senza nessuna idea precisa. Mi sembra solo una che sa il fatto suo."
"E di Eva non ti ha più parlato...", "Niente. Zitto come una tomba. So solo che si amavano. E che si odiavano. Lei deve avergliene fatte un bel po' ma lui avrà risposto per le rime - non è uno che se le tiene..."
"Ha una strana idea dell'amore. Molto... sessuale."
"Massì. Beato lui. E' sempre stato così. Un po' l'ho invidiato."
"Addirittura?"
"Questa sua cosa... questo suo coraggio... sempre disposto a cambiare. E sì che di mazzate ne ha avute, hai voglia. Perché, poi, lui è uno che ci si lega alle donne. In effetti più che un puttaniere incallito è un...poligamo... una mentalità araba... Nessun giudizio di valore, anzi. Una volta sai che mi ha detto? Sono disperato per chi non ho più, sono geloso di quella con cui sto, desidero quelle che non ho ancora... Mi disse una cosa del genere. Lui è fatto così. Sempre in cerca di questa felicità da trovare nella donna..."
"E non l'ha mai trovata..."
"Mah, che ti devo dire? con Eva sembrava l'avesse trovata, sembrava si fosse appaciato. Invece... boh, non so... Vedi, quando sto con lui... ed è per questo che mi piace... non si parla mai di lavoro, di calcio, di politica... mai discorsi sui massimi sistemi o su come dovrebbe essere governata l'Italia o, chessò, su quello che sta accadendo nel mondo... no... Si parla solo d'amore. Delle donne, sì, ma viste sotto questo aspetto. Lui ne è proprio ossessionato..."
"Me ne sono accorto. Diventa fastidioso..."
"Fastidioso dici? A me, i suoi discorsi, fanno piacere. A volte dice certe cose, parlando di se stesso, e non possono non credere che, in realtà, stia parlando di me."
Lino, fa una pausa, sorseggia il suo succo, mi guarda negli occhi quasi come se volesse capire se si può fidare.
Mi dà fiducia, riprende d'un fiato.
"Qualche tempo fa mi ha detto: prendi appunti. Voglio scrivere un manuale che ha per titolo una cosa del tipo Piccolo manuale dell'amor perduto. E, a seguire, mi ha sciorinato quelli che, per lui, sono gli indizi della fine di un amore. Mi tirava dentro al suo discorso perché, ogni tanto, mi diceva: ti ricordi? come se io e lui avessimo condiviso la stessa cosa, nello stesso istante, nello stesso modo - solo con persone diverse. E la cosa mi inquietava perché è come se stesse parlando dei fatti miei, come se stesse analizzando ciò che vivevo io, in quel momento là, con la mia donna. Mi diceva: ti ricordi di quando l'abbracciavi, di notte, così, improvvisamente? Non ne potevi fare a meno, era un impulso che, qualche volta, diventava bestiale e dovevi farci l'amore - ti eri svegliato nel bel mezzo della notte e volevi, desideravi con tutto te stesso farci l'amore. E lei ne aveva piacere di questa cosa. E per strada? Lo stesso. Camminavi e dovevi stringerle la mano, quasi avessi paura di poterla perdere nella calca, nella folla. E calca non c'era. attorno a te non c'era nessuno, attorno a voi non c'era nessuno. E ti capitava mai di doverla guardare fissa, di doverla guardare ancora una volta?... Eri costretto a camminare in questo modo assurdo perché dovevi guardarla mentre camminava. E lei si scherniva ma, anche di questa cosa, ne aveva un infinito piacere... Anche guardarla mangiare era un piacere. La guardavi e di ripetevi: questa è la mia donna che si nutre. Non sai perché ma questa cosa era d'un godimento indicibile. Lei si cibava e tu la fissavi. Beh, questa cosa magari le suonava fastidiosa..."
Mi accorgo che Lino sta prendendo le sembianze di Bruno Keller. La sua voce sembra alterata. Mi scuoto. E' un attore, mi dico. L'attore di Bruno. Sarà che è proprio abituato a calarsi nella parte. Ma Lino non nota questa mia distrazione. E' impegnato a ripetere le parole di Keller e va avanti, senza pause.
"Anche immaginare un viaggio, prima, era un piacere incredibile. Il viaggio iniziava subito, nella tua mente. Ed eravate già seduti vicino, nell'aereo, e tu le leggevi la mano. Oggi lo faresti ancora? E ti stupisci quando si prepara per andare a teatro e tu la vedi, all'improvviso, con una mise che mai avresti detto potesse appartenerle? E ti scoppia, dentro, un piacere infinito e lei lo sente, glielo stai trasmettendo proprio in quel microsecondo lì, eh? Ti è mai capitato? Oppure andate di fretta a trovare certi amici, e siete in ritardo, un ritardo micidiale. Ma ti vien voglia di mangiare una cosa, una cosa specifica in un locale che è il vostro - il vostro, anche questa cosa qui... il vostro locale... - e, allora, cambiate itinerario e tu godi di questa improvvisa trovata, dell'emozione che le provochi cambiando programma. Tutte queste cose, a un certo punto, spariscono. Dimentichi l'entusiasmo che hai vissuto ogni volta che le hai fatto un regalo, dimentichi il piacere di cercare qualcosa per lei e di scoprire che qualunque capo d'abbigliamento a lei sta magnificamente bene. E dimentichi di quanto ti piacesse girare con lei per negozi, di vederla provare le cose. Dimentichi il piacere che ti dava il poter portare su di te un regalo che lei t'aveva fatto. Proprio eri fiero. Ora, dove sono tutte queste cose? Dove sono finite? Ti capita di cercarle? Ti sforzi a ripercorrere le stesse strade, a fare gli stessi viaggi, a entrare negli stessi negozi. Quella cosa lì sembra essere sparita. proprio non riesci a ricordare come fosse fatta..."
Lino si ferma all'improvviso. Poi riprende, come se avesse dimenticato un'ultima cosa. "Volevi starle addosso, vicino, incollato. Mentre dormivi avevi bisogno di sentire il suo corpo. Dovevi aderire, unirti, fonderti, scomparire in lei. Ora non più."

martedì 17 marzo 2015

12. Giovani donne, uomini maturi

"Senti, non mi dire che anche tu credi in questa stronzata delle ragazze che si mettono con uno che ha vent'anni di più perché cercano il padre che non hanno avuto al momento opportuno!"
Bruno Keller mi spiazza subito e non mi permette di pensare che Tania, la sua donna, avrà ben più di vent'anni meno di lui.
"Guarda quella ragazza. Quanti anni avrà?"
Mi volto. A una certa distanza, seduta a una panchina, col cellulare ben stretto e un sorriso solare, presa dal suo piacevole chiacchierare, c'è una ragazza di ventisei, ventisette anni.
"Bene. Vedi questo bel tipo che sta arrivando? Avrà una trentina d'anni anche lui. Qualcuno in più, no? Ma non tanti di più."
Il giovane ha un maglione sportivo, un jeans e canticchia mentre ascolta qualcosa con le cuffie - ci passa accanto, si allontana rapidamente.
"Per qualche motivo che non so, che non capisco, per quella ragazza io risulto ancora più attraente. E non sono poi neanche così bello." Non stento a credergli. "Non do alcuna protezione, nessuna stabilità. Non offro nulla di ciò che le riviste femminili continuano a ipotizzare. Non c'è saggezza né quel fascino dato dall'esperienza. Eppure è così: fra me e lui, sono io quello che ha più possibilità di successo con quella tipa lì."
Non so che dire. Penso a me, alla donna con la quale sto uscendo che ha più o meno la mia età. Mi sento, come al solito, in imbarazzo: Keller ha questa capacità di farmi sentire sempre in ritardo rispetto a un mondo che sembra andare a una velocità ampiamente più sostenuta di quella che posso permettermi io. Mi sento inadeguato, impreparato. Ma continuo, testardamente, a volergli stare dietro. Mi dispiacerebbe troppo non girare questo documentario su di lui e sul suo film maledetto.
"Le ultime tre o quattro donne con le quali sono stato, beh, nessuna aveva più di trentacinque anni. Però, mi devi credere, nessuna di loro stava in cerca di una figura paterna. Piuttosto fuggivano certe lentezze dei loro coetanei. Mi sono fatto l'idea che deve essere stata la tivvù berlusconiana ad averli ridotti in questo modo... Certo, non tutti. Però in un bel po' di maschi trentenni vedi questa mollezza, questo perbenismo, questa voglia di restarsene a casa, a poltrire, questa mancanza di desiderio e, diciamolo, anche questa scarsa propensione a scopare..." e, qui, gli vien giù una bella risata aperta e cordiale che mi fa dimenticare di dissentire anche perché io, tutta questa ricerca sociologica sui trentenni, non l'ho fatta e proprio non so a cosa faccia riferimento, a quali studi si aggrappi, con queste sue meditazioni.
"Mi sa che, la nostra, è l'ultima generazione di romantici, di romantici decadenti o qualcosa di simile... altrimenti non ti spieghi perché stiamo ancora dietro a Bono o ai REM, tutta gente che ha l'età mia. Non ti spieghi neanche perché alla nostra classe politica manchino proprio i trentacinque-quarantenni che dovrebbero dare il cambio... Vedrai che prima o dopo questa cosa della tivvù berlusconiana che ha rincoglionito tutta una generazione di maschi verrà fuori, vedrai..."

mercoledì 11 marzo 2015

11. Una declinazione dell'amore che non condivido

Bruno Keller non si è opposto al fatto che io incontrassi Tania, la sua donna.
Anzi, mi ha agevolato dandomi il numero del cellulare e chiamandola lui stesso, per me.
Alla fine ci siamo visti in un bar dalle parti di Colle Oppio, un bar anonimo che ci ha consolati con due terribili caffè.
Tania era lì, prima di me.
Il jeans aderente, una maglietta troppo attillata e le tette invitanti, messe in bella mostra, senza alcuna malizia - sembrava si trovassero lì per caso.
Ovviamente Bruno non ha voluto esserci: ha detto che Tania doveva sentirsi libera di dire quello che voleva.
E così è stato, perché la ragazza ha parlato senza peli sulla lingua, come si conviene a una che ha vent'anni in meno del suo compagno, invadente come solo Bruno Keller sa essere.
"Di' la verità, appena mi hai vista hai pensato: ma chi glielo fa fare a questa qui?"
"Beh, ho pensato qualcosa di simile, sì. Ma sembra vada di moda: lei giovanissima e lui bello maturo."
"Ah, pensavi all'età! No, io non dicevo questo."
"E cosa dicevi?"
"Facevo riferimento al carattere orribile che ha Bruno. E a come mi tratta."
"Non so come ti tratta."
"Puoi immaginarlo. Mi tratta male, no?"
"Ti tratta male?"
"Ha sempre la testa da un'altra parte."
"E' fissato col sesso. Magari ti faceva piacere questa cosa..."
"Pensi che uno che voglia fare sesso a tutte le ore del giorno sia piacevole?"
"Credo di sì."
"E ti sbagli. Almeno non è piacevole per me. E' piacevole per il primo mese ma, poi, ti rompi i coglioni. Pensi di essere un oggetto, che stai lì, vicino a lui, solo per questo. Tutto il resto scompare. Niente famiglia, nessuna quotidianità, niente di niente. Solo quest'ossessione che, forse, le altre donne credono fantastica. E mi chiedono: di cosa ti lamenti? sei fortunata..."
Il suo accento da ragazza dell'est mi attrae più dei suoi seni. Ma sto esagerando anch'io.
"Quando l'ho conosciuto mi divertiva un casino. Mi portava a cena fuori, andavamo al cinema, mi faceva conoscere gente. Ma queste cose erano secondarie. Doveva portarmi a letto, tutto qui. Qualunque cosa faccia è dominata da questo pensiero. Se stai facendo con lui la spesa al supermercato o se stai passeggiando in un parco, stai pur certo che lui si sta solo chiedendo quanto tempo deve ancora passare prima di finire a letto, a scopare."
"Allora te lo chiedo: perché non lo mandi a quel paese?"
"La risposta è semplice. E stupida. Perché lo amo, no?"
Già, lo ama. Che domande idiote che faccio. La verità è sempre la stessa ed è nascosta dietro a questo assurdo sentimento che massacra la vita a milioni di persone, a miliardi di persone, tutte convinte che, con l'amore, grazie all'amore, si possa essere felici. Per lo più, invece, si sta lì a combattere affinché questo sentimento si tramuti, quanto prima, in una specie di realtà molle, plasmabile, qualcosa che sia capace d'insinuarsi tra le vite di due persone, che possa cementificarsi abbastanza senza perdere una certa plasticità - giusto per fare qualche movimento. E dopo che l'amore è diventato questa cosa, allora possiamo dargli quel nome banale e sublime che è quotidianità.
In qualche modo ho la sensazione d'iniziare a condividere alcune idee, alcuni concetti chiave di Keller e, questo, mi spaventa, questa è l'unica cosa che vorrei assolutamente evitare. L'idea che Bruno Keller possa penetrare sottilmente nella mia vita mi fa rabbrividire.
"Ma un giorno ce la farò", mi dice Tania. "Ce la farò a lasciarlo. Magari torno in Polonia."
"A fare che? Cosa ti piacerebbe fare?"
"Mi piacerebbe scrivere. Ma non film. Romanzi. Mi piacerebbe scrivere romanzi d'amore."
"Quanti anni hai?"
Lei mi sorride. "Sono troppo giovane anche per te." Si alza, raccoglie la borsa che appoggia al braccio, come una casalinga che si appresta ad andare a fare la spesa, senza grazia, nonostante sia così sfacciatamente attraente e sensuale - l'emblema della fertilità.
"Vedi, a me Bruno piace troppo. Non lo tradirei mai. Lui non lo sa e ci scherza sempre su ma a me farebbe proprio piacere stargli vicino anche quando invecchierà, perché io so che lui invecchierà bene... Invece lui pensa che lo tradirò, che, prima o dopo, me ne andrò con uno più giovane. Il sesso, se ti domina, ti fa pensare solo queste cose qui. La gelosia ti divora e brucia il bello che potrebbe esserci. Lui non sa cosa si sta perdendo. Oppure lo sa."
Fisso Tania per un tempo lunghissimo e la guardo così, solo perché, in quel momento, mi accorgo di pensarla esattamente come Bruno. Mi dico: quanto puoi resistere? Altri dieci anni? Poi ci sarà il decadimento fisico, gli acciacchi, i fastidi brutali che ti regala la vecchiaia. Quanto resisterai?
E Tania sembra leggermi nel pensiero.
"Ti sbagli", mi dice. "Ti sbagli come sbaglia lui. Io sono fatta così e so quello che dico. So cosa farei nel futuro. L'amore è questa cosa qui, questa cosa così appiccicosa che non ti permette di pensare ad altro, che ti impedisce di guardare altrove. Bruno mi piace e mi piace perché è affascinante, perché ha carisma, perché sa sognare meglio di chiunque altro. E, forse, perché è un maledetto, è uno che sta male, che soffre, che ha la testa altrove, che sta dietro a qualcosa che non riesco a capire. No, non è vero. Che non voglio capire." Si ferma, sta zitta. Questa volta è lei a fissarmi per un attimo lunghissimo. S'aspetta che io le dica qualcosa, che io sciolga il nodo, che io sputi fuori la verità.
Ma è una verità che non conosco
Che non credo di conoscere.
O, forse, sì?
Eva? Vuole che le parli di Eva?
Il volto, improvvisamente, le diventa truce. Arrabbiato. Insoddisfatto. Cosa vuole che le dica? io non so niente. Non so ancora niente.
Eva?

martedì 10 marzo 2015

10. Bruno Keller è un sex addicted

Bruno Keller è un sessuomane. E non è un caso che il protagonista della sua sceneggiatura, Mal'essere, porti il suo stesso nome.

L'attenzione che pone nei confronti del sesso mi disturba.
Il ripetere ossessivo, i continui riferimenti, le analisi puntuali alle quali sottopone le sue performance, la voracità con la quale approccia il corpo femminile, alla fine sono cose che stancano.
Il suo film non è certo un porno eppure lo sguardo che pone rispetto a questo argomento è perturbante. Ma è condito d'un'anomalia nell'anomalia perché, nel racconto, il protagonista - che è un insegnante di scuola media -  perseguita la donna che lo ha lasciato, una sua collega, perché in lei aveva trovato la compagna perfetta, quella che capace di sedare tutti i suoi istinti, tutti i suoi desideri.
Il sesso prevarica sul sentimento e si confonde con esso. La sensazione è che Bruno non riesca ad amare. Oppure che non riesca ad amare se non attraverso il sesso. Il sesso è l'unico gesto d'amore di cui è capace.

L'altra notte mi ha chiamato. "Non voglio perseguitarti, è che mi sei simpatico." "Che c'è?" gli ho chiesto brutalmente. "Sei ancora il mio biografo?" Sbuffo. "Vorrei solo fare un documentario su te che ti prepari a fare questo dannato film della tua vita", gli dico senza mentire.
Fa una pausa. "Mi sa che sono messo male" e io ormai so che sta mentendo. Lui gode di questa situazione. Gode anche di questa sofferenza che gli dà la dipendenza dal sesso. Da questo punto di vista non nascondo che, subdolamente, godo anch'io nel vederlo massacrarsi da solo, nel vederlo affastellare storie su storie nella ricerca assurda di una qualche soluzione. Lo vedo bene che vorrebbe avere una vita tranquilla, sedata, capace di metterlo a nanna e che gli desse la possibilità di poter dire: "Amo!", ma non è così anche perché, una vita simile ora gli suona insopportabile e odiosa.
Bruno Keller è un dannato. E la sua dannazione è, tra tutte, la più sublime perché è squisitamente inutile.
Da un lato vuole redimersi, dall'altro gli piace sprofondare all'inferno. Cerca la pace ma, sotto sotto, adora questa inquietudine che gli permette una vita emotivamente anomala e senza senso. Cerca di frenare ma preferisce, sottilmente, andare a sbattere.
"Ho scritto una nuova scena."
"Ah, sì?"
"Lui è uno che insegna alle medie..."
"Lo so."
"E... sai... dalle mie parti... ormai le classi le fanno con i ragazzini cinesi. Hai più cinesi che napoletani..."
"E allora?"
"Beh, si trova a passare davanti a uno di questi centri dove fanno massaggi orientali, massaggi d'ogni tipo... Ci sono questi cartelloni che t'impediscono di vedere dentro. Stanno lì solo per questo anche se, sopra, ci trovi descritti una dozzina di possibili prestazioni... per lo più salutari... che ne so, per le sciatalgie o cose di questo tipo. In realtà sai che, là dentro, l'unica cosa che viene richiesta è quella dei massaggi erotici, hai presente?"
"Sì, ho presente", la mia voce ha cambiato tono, sto per addormentarmi col cellulare appoggiato all'orecchio e lui deve essersene accorto perché va subito al sodo.
"Allora ho pensato che il mio protagonista..."
"Che si chiama come te", intervengo con una sorta di malvagità assonnata ma non meno perfida.
"Certo. Ho immaginato che Bruno entri lì dentro, si fa fare un massaggio che, ovviamente, si conclude con una sega e, quando va a pagare per l'incantevole prestazione, si trova di fronte il padre di uno dei suoi alunni... Hai capito? E' il proprietario del centro massaggi! Che ne pensi? A meno che non scopra che la massaggiatrice è la madre di qualcuno dei ragazzi... ma questa soluzione mi convince di meno. A me basta sottolineare questa dipendenza che vive il mio personaggio."
"Il tuo personaggio, già... Bruno Keller, sei perverso. Fammi dormire. Ne parliamo domani. Il tuo protagonista diventa sempre più orribile. Rischi che ti blocchino un'altra volta il film."
Ride. "Non hai capito niente." mi fa, sornione, e mi sbatte allegramente il telefono in faccia. M'ha fregato anche stavolta.

sabato 7 marzo 2015

9. La felicità è data da una bassa concentrazione di testosterone

"Sono due giorni che non ci sentiamo."
E' vero. Ed è quasi la mezza. Bruno Keller non sa della giornata infernale che ho vissuto.
"Allora? Lo vuoi ancora fare questo documentario sul mio film?"
"Certo, certo che voglio farlo."
"Stavo facendo certe considerazioni sulla felicità..."
"A quest'ora?"
"E ho pensato che fosse necessario condividerle con te, sempre per questa faccenda del documentario che, non ti nego, mi attizza tantissimo..."
"Ho avuto una giornata terribile."
"Ascolta. Solo un paio di cose, sennò finisce che me le dimentico..."
"Vai."
"Io credo che la felicità sia data da una bassa concentrazione di testosterone. Meno ne hai e più è facile che tu sia felice."
"Ma che dici?"
"Vedi, io credo che la mia infelicità perenne sia causata da questa inutilissima abbondanza di testosterone. E' il mio desiderio che mi frega."
"E' la prima volta che sento una cosa simile, guarda."
"E' che la gente non ci pensa. Fa una grandissima confusione... Io ho certi amici... a volte ho la sensazione che al sesso, questi, qui non ci pensino proprio. E qualcuno... ecco... ho la netta sensazione che sia veramente felice. Morto e felice."
"I morti non possono essere felici."
"La curiosità... la ricerca di questa realtà femminile... mi ha portato sempre a un'insoddisfazione... All'inizio le donne sono così contente che io le voglia continuamente scopare... poi, non so perché... forse sono stato io che ho beccato quelle sbagliate... a un certo punto il sesso diventa una cosa secondaria. Vogliono vivere con me e io proprio non riesco a fare distinzione... Mi sembra che la cosa migliore sia proprio nel fare l'amore e che tutto il resto... quelle baggianate come vedere la televisione assieme, fare la spesa nei supermercati... sembra quella canzone di Battisti, la sai? Insomma, tutte queste cose che a me sembrano superflue e inutili orpelli di quella realtà orribile che è il quotidiano, per loro diventano essenziali. Hai voglia a dire che tu, generalmente, sei d'una noia mortale, che t'incazzi per un nonnulla, che russi, che ti deprimi puntualmente ogni domenica pomeriggio, che sei un pignolo su cose stupidissime, che non sei poi così intelligente, che, insomma, la tua quotidianità fa cagare e che, l'unico momento in cui vali qualcosa, è quel momento lì, quando le porti a letto... Niente. In genere ti chiedono se possono trasferirsi da te, ti dicono che vogliono averti solo per loro, che il sogno più grande è quello di avere un figlio tuo. Ed è quello il momento in cui pensi che anche quella bellissima storia sta finendo nella merda."
"Sono troppo rincoglionito per seguirti... Ma, scusa, tu non stai con Tania?"
"Certo che sto con Tania. Ma durerà ancora poco, vedrai. Lei si stancherà perché capirà che io mi sono stancato. Oppure si arrenderà al mio perenne negarmi. Eppure è proprio in questo momento che stiamo così bene assieme! S'incazzerà e dirà che sono un egoista dimenticando che tutti partiamo dallo stesso meccanismo egoistico. Ognuno è egoista a suo modo. Questa ricerca disperata della felicità infeliciterà me... e lei."
"Ma, forse, le cose sono più semplici. Semplicemente non l'ami."
"Ho sperato anch'io che il problema fosse questo. In realtà il problema è nel testosterone, te l'ho detto.
"Possiamo continuare domani. Sto crollando dal sonno."
"Va bene, va bene, scusami. Ti chiamo io."
Non mi dà il tempo di salutarlo, mi sbatte il telefono in faccia. Senza alcuna cattiveria, beninteso.

mercoledì 4 marzo 2015

8. Bruno Keller non sa scrivere storie d'amore

"Amare mi sembra un buon inizio per scrivere storie d'amore, no?"
La pipa di Andrea è un oggetto splendidamente demodé.
"Ha conosciuto Tania?"
"La donna di Keller?"
"La donna di Keller. È un bel tipo. Può farci quattro chiacchiere. È un piacere parlarle... è ironica."
Lo immaginavo.
"Keller adora le donne ironiche, me l'ha scritto."
"Bruno non è capace di scrivere storie d'amore. Porcate sì. Ne abbiamo scritte una marea assieme. Grazie a lui ho fatto un bel po' di soldi... con i miei romanzi avrei fatto la fame... Gli devo molto. Gli sono molto legato..."
"Mal'essere è una storia d'amore?"
"Se salta le scene erotiche, tutto quello che rimane è amore. Ma scritto da lui non convince."
"Perché?"
"Lei ha letto la sceneggiatura?"
Faccio di sì col capo.
"E le è piaciuta."
"Beh, sì. Ha un senso..."
"Tutto ciò che scrive ha un senso. Tutta questa sua caparbietà d'inseguire una verità a ogni costo... Fa una confusione bestiale tra quella che è la sua vita e il cinema."
Lo guardo e penso che, in fondo, sono d'accordo con Keller, che il cinema e l'arte dovrebbero fare questo: mettere mano al vero. Null'altro. Andrea mi legge nel pensiero: "Guardi che non è la pratica del vero che mi spaventa. È che Bruno ne fa il cavallo di battaglia per un'estetica dell'orrido. Butta giù idee, pensieri, ma proprio come se vomitasse. Nessuna forma, nessuna organizzazione, nessuna simmetria. Utilizza la sua biografia scaraventandocela addosso, senza ritegno, come se i suoi fatti personali fossero così importanti da poterci interessare..."
Ecco, penso sia questo. Effettivamente Keller mi interessa per questo suo modo d'essere, per questo dolore che si porta dentro, per questa malattia che non gli dà pace.
"Mal'essere nasconde l'amore per questa donna..."
"Barbara, la protagonista."
Andrea riaccende la pipa. "No." Fa una pausa.
"Tutta questa storia lui l'ha scritta per Eva, come se fosse una lettera, un messaggio. Ma disorganizzato e incomprensibile. È un atto di debolezza. Un po' come se volesse dire: guarda come sono bravo, che stallone che sono, quanto carisma ho. In realtà voleva dire: ti amo. Ti amo e ti ho persa. Ti ho persa perché sono un maiale anaffettivo, uno incapace di amare, di tenersi una donna a fianco. Lui che fa tanto il teorico della verità, poi non riesce a confessare a se stesso cosa pensa, cosa vuole, cosa desidera per davvero."
"Chi è Eva?"
"Glielo chieda, glielo chieda pure. Sono curioso di sapere cosa le risponderà... Keller mi ha convocato. Lo so ciò che vuole. Vuole che rimetta mano alla sua sceneggiatura. Mi dirà che con qualche spostamento, qualche correzione, qualche piccolo cambiamento, tutto andrà bene. E non è così. Nella vita non è così. Non lo è neppure nelle storie che raccontiamo. Alla fine verrà fuori un film che tutti vedranno come un porno..."
"E non lo è"
"È una lettera d'amore scritta da uno che è incapace di dire veramente del suo amore."
"Scrivere certe cose è, a volte, difficile."
"Se uno non è capace, allora dovrebbe starsene zitto."
Mi allontano. Alzo il bavero. Un'intervista che mi ha fatto male, questa. Che mi costringe a pensare che Keller sia un inetto, un debole. Sono costretto a rivedere il personaggio.
Mi fermo di botto, attraversato da un'idea. Perché Eva diventa presenza irrinunciabile in tutta questa storia.

martedì 3 marzo 2015

7. Partecipare a un casting: dieci punti da tenere in considerazione secondo Bruno Keller

Il regista mi ha spedito via mail questi che credo siano i suoi appunti per il casting di Mal'essere. Immagino li abbia scritti così, senza un ordine logico - ma a queste anomalie di Bruno Keller, mi ci sto abituando.
Le riporto senza correggere, ordinare, cambiare niente.
Inizia così:
1. A quelle che mi spediscono fotografie manipolate, le mando immediatamente a cagare. Punto.
2. Mi piacciono gli attori che si preparano meticolosamente e che sono capaci di rimettersi in gioco completamente. Improvvisare significa far venir fuori la vita ed è l'unica cosa che m'interessa davvero.
3. Non sopporto la gente sciatta ma odio anche gli eccessi di classe. Adoro le donne in tailleur. I maschi protagonisti dei miei film sono sfacciatamente carismatici - i belli assoluti vanno bene per le foto dei modelli che trovo dal barbiere.
4. Durante il casting difficilmente faccio recitare su parte. In genere chiedo agli attori di mostrarmi un risveglio - dico loro: immagina di esserti incazzato per una serata andata a male, di aver fatto fatica a prendere sonno. Dormi da tre ore. Driiiin, suona la sveglia. Fammi vedere come apri gli occhi, come ti muovi. Se superano la prova, è facile che li prenda.
5. I depressi, quelli che hanno necessità di lavorare, quelli troppo sicuri, quelli che vogliono partecipare al mio film a ogni costo, li mando a cagare.
6. Mi piace l'ironia, adoro l'autoironia. Nulla di forzato, qualcosa che vien su senza pudore - questa umanità che riconosce nell'errore uno dei sensi più precisi della vita. Nelle donne questa qualità diventa la chiara testimonianza della presenza, in loro, di un'essenza divina.
7. Il volto e le mani. Una necessaria imprecisione, una lieve assenza di simmetria, sono elementi rari, che una volta ho trovato. Così come ho trovato un taglio impossibile degli occhi.
8. Adoro scoprire una leggera inflessione dialettale, qualcosa che mi riporti rapidamente a una realtà antica, ancestrale.
9. Sento istintivamente l'odore che emana il corpo. Il profumo mi distrae e mi rende nervoso. Quasi soffoco. Anche in questo caso la sensazione è che si copra qualcosa, che mi si menta. Sono sensibile agli odori selvaggi che riconosco immediatamente.
10. Gli attori che lavoreranno con me diventeranno parte della mia vita. Devo adorarli e fondermi con loro. Fisicamente dovranno rimandare a me, dovranno, in qualche modo, somigliarmi. Fare un film, più di ogni altra cosa, è questo: una fusione di corpi. L'arte è questo. Un rendere visibile il fluido che unisce tutto l'universo.
Puoi mandarmi a cagare quando vuoi, inutile dirlo.

lunedì 2 marzo 2015

6. La donna con cui dormi (Keller vs Kundera)

"Tutto sommato sono d'accordo con Milan Kundera: è solo con la donna che ami che desideri dormire assieme. Ti serve sentirla durante tutta la notte. Stai lì a volerle toccare la gamba o il piede o il braccio. Senti la necessità di un contatto perché quel contatto ti rende felice, ti fa stare tranquillo..."
Guardo fisso Bruno Keller perché non posso credere che sia lui a dirmi queste cose.
"Ti stupisco?"
Sì, mi stupisci ma non mi va di dirtelo, di darti questo piacere.
"Credevo avessi una compagna..."
"Certo che ho una compagna. Discretamente distante nello spazio e nel tempo... Mi piace accompagnarla a casa, la sera."
"Non vivete assieme..."
"Perché imporci un simile supplizio?"
"Quindi non l'ami, ho capito bene?"
"Sai cos'è? Col passare delle ore divento... antipatico. Mi rabbuio. Vado in tilt per un nonnulla. Credo che sia la stanchezza. O il fatto che la centralità del sesso annulla qualunque altro interesse. Te l'ho detto: è un mio problema e non è secondario. Vicino a una donna non riesco a starci per più di qualche ora. E dopo averci fatto l'amore il mio periodo refrattario può durare anche giorni... non scherzo..."
"Ma una donna con la quale dormire l'hai trovata, no?"
"Tania, la mia compagna, è bellissima. E ha vent'anni meno di me. E' una persona colta, divertente e con due tette fantastiche", cerca di distrarmi. "Perché non la intervisti? Ci sarà anche lei nel mio film."
"La protagonista?"
"Ma no, che dici? Un ruolo... irrilevante, secondario, innocuo. Però può raccontarti un sacco di cose di me. Le cose migliori, le più perverse, le più schifose, quelle che mi rendono laido e irrimediabilmente vivo. E vero. Te l'ho detto di questa mia fissa per il vero, no?"
Sì, me l'avrà detta.
Allora gli chiedo di questa cosa dell'amore, come se fosse vero che uno ama una sola volta nella vita, una al massimo due. "Te lo ricordi il film La parola amore esiste?", "Quello di Mimmo Calopresti? Sì, vagamente. So che ne ha girato un altro ultimamente...", "Beh, lì c'è questa cosa... viene detta questa cosa." "E cioè? che uno ama una o due volte nella vita?" "Esatto. A te come... com'è andata?"
Si ferma un attimo. Aspira dalla canna che si sta sparando, quasi la finisce.
"A me è andata benissimo"
"Hai conosciuto l'amore?"
"Di più. Ho conosciuto la felicità."
"La felicità?"
"L'errore sta nel dare un'estensione a questa parola, a questo concetto, a questo stato sublime che non appartiene all'anima, appartiene proprio al corpo. La felicità..."
Faccio un gesto col capo, un gesto vago e smarrito.
"Voglio dire che essendo uno dei pochi che l'ha provata, allora so bene quanto possa durare, la felicità. La felicità dura un attimo e te la porti dentro, ben conservata, per tutta la vita. Non hai necessità di provarla ancora una volta. Sarebbe quasi troppo. Te la devi far bastare. E ti basta, ti basta."
Il fumo deve avergli annebbiato il cervello. Non lo seguo più.
"Ma che dici?"
"Dico che la felicità ti entra dentro. Oppure attiva qualche cellula cerebrale, questo non lo so. Ma quando ce l'hai, ce l'hai. E basta."
"Allora sei felice sempre?"
"No."
Veramente non lo capisco.
"Non sono felice mai. Ma va bene così. Te l'ho detto: sono un uomo fortunato."
Cerco di riportarlo alla realtà. "Quando inizierai con i casting?"
"La prossima settimana. Ma inizio con Lino, un mio amico. Non sarà un vero e proprio casting, sarà una chiacchierata."
"Ti va se vengo anch'io?"
"Preferisco di no. Ma, se vuoi, ti passo i nominativi di quelli che vedrò. Sono attori, gli farà piacere se li intervisti."
"Va bene, farò così."
"Allora? Vuoi il numero di Tania?"

Sono tornato a casa. Ho cercato la frase di Milan Kundera che ricordavo benissimo: sta ne L'insostenibile leggerezza dell'essere e dice così: "L'amore non si manifesta col desiderio di fare l'amore (desiderio che si applica a una quantità infinita di donne) ma col desiderio di dormire insieme (desiderio che si applica a un'unica donna)".

sabato 28 febbraio 2015

5. Le ragazze del porno (un post di Bruno Keller)

Alla fine l'incontro è saltato. Mi è sembrato esagerato impegnare anche il sabato sera con Bruno Keller. E, certo, non voglio che diventi una mania. Scrivere su di lui, fare il documentario, seguirlo nella realizzazione del suo film mi sta bene. Ma devo prenderne un po' le distanze.
Per questo mi ha inquietato molto il suo messaggio. Ho sentito che tale presenza sta diventando persecutoria anche se spero di sbagliarmi.
Il messaggio rimandava al suo blog con un ultimo post dedicato a questo gruppo di donne che sta realizzando un film porno a episodi, a quanto ho capito.
Ho ritrovato certe affermazioni di Keller che chiariscono nuovamente quello che è il suo pensiero ossessionante anche se, in questo caso, la prende un po' alla lontana.
"Non capisco cosa c'entri il pensiero femminile con il mondo del porno. L'adorabile pornografia rimane espressione di un egoismo maschile dal quale la donna, grazieadio, è esclusa. Nel porno, il parametro di riferimento resta il maschio, il suo pene e il suo piacere. Le donne che partecipano a questi film si adeguano ai desideri non solo del maschio ma del pensiero maschile. Per lo più sono dirette da un regista e quelle rare volte che a dirigerle è una donna, anche il quel caso rimane saldo il principio che è il maschio che deve godere. Il suo piacere visibile gratifica la propensione d'immedesimarsi nell'altro, di aderire perfettamente, fisicamente, al corpo dello stallone di turno. La donna, in questi film, è "addomesticata", relega il proprio piacere nelle pieghe di quello del partner. Mi auguro che il film che queste donne stanno realizzando sia capace veramente d'invertire una rotta, di sconvolgere intimamente un genere, raccontando quelli che sono i desideri del corpo femminile, desideri che spesso galleggiano in una zona molto profonda del proprio immaginario. Mi rimane sempre la sensazione che le donne, anche quelle che affermano la centralità della loro persona, corrono sempre il rischio di confondere il proprio piacere con quello che, generosamente, offrono al loro uomo".
Keller continua con la sua dissertazione, la declina, fa esempi, rimanda a studi, a riflessioni altrui (Alberto Abruzzese in primis). Inizia a salirmi su un po' di nausea. Spero mi passi. Scendo a fare quattro passi. Ho bisogno di aria.

venerdì 27 febbraio 2015

4. Sesso: femminile plurale (secondo Bruno Keller)

"Allora? Cosa le è parso? Un porno, no?"
Mi coglie di sorpresa. Stranamente la sceneggiatura di Mal'essere mi è piaciuta, ma proprio come struttura narrativa, proprio per come porta avanti la storia. Ora non mi va di fare una sviolinata, anche se sarei tentato di dirgli solo cose buone. Mi andrebbe di parlare bene dei personaggi e del finale, della progressione drammatica e della declinazione tematica. Avrei voluto iniziare partendo dalla tecnica e dalla poesia, non dal sesso - troppo banale.
"No, non credo sia un porno. E, a dirla tutta, mi è piaciuto, sì, proprio mi è piaciuto, nonostante il protagonista così negativo, così terribilmente antipatico."
"Già. Questa è una delle cose che non va giù ai produttori o, meglio, a chi deve mettere i soldi. Pensano che un protagonista così negativo allontani il pubblico. Magari hanno pure ragione. Cosa prende?"
"Una birra va bene."
"Mi chieda qualcosa. E' lei che deve fare il documentario."
"Mentre leggevo la sceneggiatura mi è venuto da pensare che potesse essere lei il protagonista della storia. Fisicamente credo le assomigli."
"Ah, si è fatto un'idea tanto canaglia di me?"
"Non credo che il protagonista sia una canaglia. Anzi, Mi sembra un uomo così appassionato..."
"Beh, questa cosa mi piacerebbe condividerla. Ma non credo che sia, in effetti, nelle mie corde. Qui lei diventa troppo ottimista, mostra troppa benevolenza verso di me. No, il protagonista non mi somiglia affatto. Tranne che per questa fame di sesso che lo divora, che non gli permette di crescere, di guardare altrove, di fare le cose per bene. Condivido la sua smania per il godimento, questo sì. Ho una visione molto femminile del sesso, molto più femminile di quella che si portano dentro tante donne che ho conosciuto. Molte donne pensano al sesso come se fossero degli uomini."
"In che senso?"
"Mah, hanno un immaginario molto maschile e l'unico desiderio che si portano dentro è quello di far godere l'uomo che le sta montando. Il piacere personale è ridotto al minimo, non è l'obiettivo principale..."
Sorrido un po' ebete. Proprio non so che dire. Mi sembra un argomento sul quale mi sento totalmente impreparato. E spiazzato. Perché pensavo di parlare di cinema e del lavoro di preparazione che sta facendo. Evidentemente sono io quello che non ha capito. Quest'uomo vuole mettersi a nudo, mi presta il fianco e io divago, mi accontento di terreni più tranquillizzanti, meno pericolosi. E' che, sotto sotto, penso che ce l'abbia con me, che voglia dirmi qualcosa, che si diverta a mettere in scena qualche mia mancanza, qualche aspetto troppo superficiale del mio vivere. Dov'è finita la mia anima da documentarista? Il gusto della scoperta d'un volto, d'una storia che sta già tutta nelle rughe della pelle. La verità sta nel fatto che quest'uomo mi spiazza, mi imbarazza e, al contempo, mi attrae. Non è affascinante: è carismatico. Le sue anomalie, i suoi difetti, questa concretezza che ha sempre nel parlare, la chiarezza negli obiettivi e la sincerità con la quale espone i suoi difetti, lo rendono immediatamente interessante - eppure i suoi lineamenti sono imprecisi, non rimandano a nessun godimento estetico immediato.
Butto lì una cosa, tanto per dire la mia: "Non tutte le donne sono così, no?"
"Che ti devo dire? Quelle che ho conosciuto io avevano un'educazione talmente maschile che rimanevano stupite se spostavo l'attenzione da me a loro."
Improvvisamente mi da del tu, ma è come se stesse parlando a se stesso, come se stesse riflettendo ad alta voce.
"Nel sesso contano molto le pause. E il ritmo. L'uso dei sensi, di tutti i sensi. Li puoi far viaggiare uno alla volta e, poi, improvvisamente, tutti assieme. Parti dal senso più primitivo, l'odorato. Magari puoi dimenticare per un po' il tatto. Puoi concentrarti sul gusto. E sulla vista. Ecco, noi maschi siamo bravissimi a guardare i film porno ma il corpo di chi ci sta vicino... beh, quello, puntualmente lo ignoriamo. Ci fidiamo della memoria. Di quel tempo in cui eravamo attratti da quel viso, da quei lineamenti. Poi, una volta a letto, dimentichiamo tutto rapidamente."
Mi guarda, sornione. "Lei condividerà."
"Prima mi ha dato del tu."
"Come preferisci. Cosa importa?"
"Hai una visione molto precisa del sesso. Anche se il tuo film si porta dentro tante altre cose."
"Io non sono il protagonista del film. Sono proprio tutto il film. Quella cosa che hai letto e che, magari, ti ha fatto cagare, sono io, è il mio corpo. Non c'è una parola che non mi appartenga. Per questo è così rozza e imperfetta."
"A me non pare né rozza né imperfetta" e, questa cosa, a sentirla, è come se lo infastidisse. Diventa improvvisamente diffidente. Il mio garbo gli deve suonare male, una debolezza che chiaramente non apprezza.
"Nella sceneggiatura tratti il sesso come strumento di prevaricazione."
Questa affermazione lo distrae.
"Non so... Se ti ha dato questa sensazione..."
"Il protagonista ne è soggiogato."
"E' quello che ti dicevo prima. Puoi essere accecato dal sesso. E' una dipendenza. Vedi tutto attraverso quell'ottica lì. Non riesci a immaginare una vita oltre questa tua esigenza primaria, volgare e primitiva. Sono tutte parole che mi piacciono."
Mi sembra che il discorso stia prendendo una buona piega. E io mi sto rilassando, mi sto allineando a questo suo modo di fare, a questa sua necessità di verità a tutti i costi.
Gli squilla il cellulare. Risponde, la voce gli si fa improvvisamente roca. Farfuglia qualcosa, chiude la comunicazione.
"Scusa", mi fa "devo andare. Un problema. Niente di grave. Se vuoi, riprendiamo domani."
"Ma domani è sabato."
"E allora?" fa lui.

giovedì 26 febbraio 2015

3. Una sceneggiatura inquietante: "Mal'essere" di Bruno Keller

Quando sono rientrato, stanotte, mi sono accorto che Bruno Keller mi aveva spedito la sceneggiatura del suo film, Mal'essere.
Ho iniziato a leggerla e andavo avanti spinto da certe aberrazioni che non avevo previsto.
Effettivamente la storia si porta dentro e addosso un che di perverso, di maniacale, di offensivo, che continua a perseguitarmi, che mi allontana e che, al contempo, mi tiene stretto.
Mi sento addirittura offeso da certe affermazioni che, fin dalle prime righe, mi schiaffeggiano senza ritegno. C'è qualcosa di insano in queste pagine e, al contempo, di sacrosanto. Inizio a capire cosa intendesse, Keller, per "verità", e come fosse maturato e reso intimo il suo odio per tutto ciò che è "finzione". Verità diventa sinonimo di sincerità assoluta, perfetta, sensibile, indiscutibile. E io non riesco a fare a meno di confondere il protagonista di Mal'essere con Bruno. Mi viene da dire che non può non essere lui - lo stesso sguardo malinconico, la stessa furia, l'ossessione quasi patologica per un sesso tutto volto e declinato al femminile - strano a dirsi per uno come Keller, lo so.
Mi è venuta voglia di chiamare il mio amico giornalista, quello che mi ha presentato Bruno, ma sono le due di notte. Ho bisogno di un confronto, di qualche chiarimento. Bruno Keller sta diventando improvvisamente invadente nella mia vita - è lui che mi obbliga a scrivere, uno scrivere che non va corretto, pena la perdita della verità, appunto.
Che racconto è questo? Un che di maledetto, di fortemente contraddittorio. La storia di un insegnante che perseguita una sua collega, la sua ex amante, perché la sola capace di portarlo a quel godimento sublime, l'unico per il quale vale la pena fare l'amore. E, poi, l'entrata in scena di una ragazzina, una sua alunna - impavida, volgare, violenta, sensuale, bastarda, figlia e nipote di camorristi. Una periferia napoletana che solo tangenzialmente (e, proprio per questo, più intimamente) ha a che vedere con quanto detto finora da altri, con quanto ci viene ripetuto in continuazione in televisione. Un malessere che ha a che fare con una psicologia della città, della metropoli, qualcosa che appartiene finemente all'aria, una polvere che entra nel corpo senza colpo ferire, senza lasciare traccia, senza lacerare la pelle.
Mal'essere è questo. E il protagonista è uno stalker, uno che rischia di macchiarsi di indicibili peccati, un essere abbietto che pure ha una debolezza che lo rende irrimediabilmente umano, passionale, indecente e vero - ancora.
Di tutte le porcherie che pratica con la sua nuova amante, una bidella, c'è da farne un bestiario. Un'amante che serve al misero scopo di far ingelosire la sua ex compagna... Ma, anche in questa azione, la cattiveria è di livello inferiore - c'è un rispetto riguardo al corpo della donna che, in qualche modo, rende accettabile la relazione,  relazione i cui termini chiarifica in modo inequivocabile.
Bruno Keller mi costringe a mettermi in gioco, a mettere in gioco il rapporto che ho con le donne. E' questo il territorio entro il quale nasce e si sviluppa la mia inquietudine. La storia di Mal'essere mi spinge e mi obbliga a dire la mia.
Eppure mi ripeto che non è possibile che, in un tempo così breve, io sia stato vittima di una specie di dipendenza da tutto ciò che quest'uomo significa.
Mi devo allontanare - e lo faccio proprio fisicamente: mi scosto dalla scrivania e dallo schermo del computer sul quale ancora appare l'ultima pagina della sceneggiatura di Keller.
Quello che sta accadendo non mi piace.
Voglio prendere le distanze.
Rimane il desiderio di farne un documentario e mi entusiasma pensare che questa sottile malattia che m'è presa, possa diventare il vero argomento d'un'altra storia più mia, che mi appartiene più intimamente. Un po' come se, attraverso Bruno Keller, io possa parlare di me. Questa cosa mi piace.
Con questa idea in testa riesco ad andarmene a letto e, facilmente, a prendere sonno.

mercoledì 25 febbraio 2015

2. Bruno Keller, prima intervista (come si prepara un film)

Un boxeur imbolsito, la barba di qualche giorno - Bruno Keller mi dà appuntamento in un pub su Via Merulana.
Ha un'età indefinita così com'è indefinito il colore dei capelli e quello degli occhi. Veste in modo vagamente sciatto, comodo senz'altro. Avrà comunque cinquant'anni o giù di lì.
Mi squadra, analizza con attenzione i miei movimenti. Mi trasmette un senso di instabilità, di intelligenza non pedante - più di una volta ripete d'essere una persona ignorante ma deve far riferimento a qualcosa che non colgo.
Odia la politica e il proprio lavoro di regista televisivo. Mi racconta di quando girava certi documentari etnografici e il suo volto s'illumina. Mi dice che adora i primissimi piani della gente - il tentativo ultimo di carpire qualcosa dell'altro. E che odia i dettagli - fotograficamente parlando - che trova leziosi.
Mi dice che, oggi, nel cinema come in televisione (per non parlare del web) si muove troppo la macchina da presa, a testimonianza d'un'inconsapevolezza ("chi muove troppo la macchina confessa di non sapere qual è il suo punto di vista" - mi appunto rapidamente queste cose).
Ma quando mi chiede "cosa vuole da me" sussulto perché, in effetti, non so esattamente quale sia la mia richiesta. Farfuglio qualcosa: "So che sta per iniziare un suo film".
"Mal'essere, il mio primo lungometraggio. Un'opera tardiva..."
Sorrido. "Mi piacerebbe seguire questa fase... prima che inizi a girare."
"Vuole seguire il casting?"
Ecco, perché no?
"Cosa vuol fare?" incalza, "un documentario su come si prepara un film?"
Mi sta offrendo un'idea - o un suo desiderio latente, un vezzo. "Esatto", fingo una sicurezza che non ho ancora.
"La sceneggiatura è chiusa..."
"Lo so."
"Sono anni che lotto per girare questo film. I matti ai quali ho fatto leggere la sceneggiatura erano tutti contenti, andavano su di giri. Ho conosciuto un sacco di produttori folli. Ma, poi, non se ne faceva niente. Troppi problemi il film, troppo scarsi loro..."
"Lo so."
Si ferma un attimo. Mi osserva. Uno sguardo curioso di cui non colgo il senso.
"Il mio film narra di un insegnante di scuola media sessuomane."
Fa una pausa. Forse s'aspetta che io dica qualcosa, che mi stupisca.
"Non è un porno".
Mi evito di dire "lo so".
Lui cambia posizione, si accomoda sulla sedia. "A volte mi diverto a dire che lo è, ma lo dico per incuriosire. In realtà voglio solo che le scene di sesso non siano simulate, questo è quanto. Di sguardi finti ce ne sono già troppi in giro. La finzione mi fa schifo. Fuori dalla verità, l'arte non ha senso".
Mi guarda e aggiunge, quasi come se ce l'avesse con se stesso: "Non faccia caso. Anche le frasi a effetto mi fanno schifo."
"Mi piacerebbe farle un'intervista sulla sceneggiatura, una cosa da riprendere in video, se le va."
"Ha bisogno d'un operatore? d'un fonico?"
"Farei tutto io. Una cosa semplice..."
"... e rozza, come me. Mi sta bene."
Non volevo dire questo. Si alza. La prima chiacchierata è finita. Paga il conto.
"Oggi vado di fretta. Quando vorrebbe iniziare?"
"Anche domani, se per lei va bene."
Continuiamo a darci del lei in un ambiente in cui il tu è d'obbligo.
"Mi dia qualche ora. Le faccio sapere." Va via, senza voltarsi.

martedì 24 febbraio 2015

1. Un documentario su Bruno Keller, regista

Arrivo in RAI quasi per caso: m'avevano chiesto di parlare in una trasmissione che va di notte e che non vedo mai.
Incontro lì un giornalista mio amico. Mi offre un caffè. Mi dice: "Ma lo sai che fanno girare il film a Bruno?"
"Bruno chi?"
"Bruno Keller. Non lo conosci? E' un mito. Sono trent'anni che rompe le scatole con questo film e, ora, glielo fanno fare."
"Ah, sì?" - cerco di ricordare qualcosa a tale proposito ma non mi viene giù niente.
"Oddio, gli danno quattro soldi. Ma lui è certo di farcela lo stesso. Un tema così... ostico... Dovrebbe interessarti: sesso e scuola."
Sembra un porno - mi dico. E, sì, mi interessa. Sono un insegnante e m'intriga perché anch'io sono anni che cerco di girare una cosa sulla scuola che non sia una delle solite cagate - con gli insegnanti angeli o con quelli indemoniati. La cosa mi prende subito - l'intuito mi dice che c'è qualcosa d'interessante in ballo. Ma devo andare, mi chiamano per la registrazione.
"Mi aspetti?", chiedo al mio amico.
Lui fa di sì col capo. "Ti aspetto giù".
Perfetto - mi dico.

L'intervista è stata rapidissima. Il conduttore mi mette al corrente che taglieranno ulteriormente - "Altrimenti, sa, il pubblico si annoia". Gli stringo la mano ma lui è con la mente altrove - sembrava tanto interessato alle cose che gli andavo raccontando. Assentiva e diceva vedrà che il ministro ne terrà conto...

Trovo il mio amico che chiacchiera con una valletta - ma questo è, forse, un termine che non si usa più. Mi vede arrivare, mi fa occhio. Siamo di nuovo al bar. "Vado in onda di notte". "Anche tu!" gli faccio. Lavora in radio. Ha una bella voce e un piglio intelligente - ci mette passione in tutto ciò che fa.
"T'ha preso, eh, 'sta cosa di Bruno?"
Certo che m'ha preso. "Allora?"
"Gli fanno girare il film. Ma non c'entra niente la RAI, figurarsi! Ho letto la sceneggiatura. Sembra un porno ma... non è male, davvero"
"Già... la maestrina, gli alunni..."
"Macché, dai, no, scherzo. C'entra il sesso ma non quelle cose lì. Bruno è uno rozzo ma ha un cervello fino, molto dolorante..."
"Ma chi è?"
"Lavora qui da sempre. Gli fanno fare qualche fiction, di tanto in tanto. Ma è stato anche regista di certi telegiornali... Li odiava, gli faceva schifo fare quel lavoro ma andava avanti, testardamente."
"Ma il film?"
"E' lui a dire che è quasi un porno. Solo perché aveva previsto scene di sesso esplicito, non simulato. Ha un po' come te l'indole e le fisse del documentarista..."
"Vabbe'... di cosa parla?"
"Mal'essere... Guarda, te lo faccio dire da lui. Te lo chiamo e vi faccio incontrare. Così lo intervisti... magari ci fai un documentario... E' questo che avevi in testa? Di' la verità."
Sorrido, lo vedo smanettare col cellulare. Bruno gli risponde quasi subito. Lo incontro domani.

giovedì 1 gennaio 2015

Nuovi misteri napoletani - 2 (il sesso è una cosa seria)

Leila mi cammina davanti; io la seguo, come al solito, ciondolante, con la mia camminata maldestra, un po' da matto.
Guardo la forma del suo corpo, certo. Armonico direi. Ma non so perché, stranamente incapace di attrarmi. Anche il sedere non è male ma, proprio, non riesco a provare nessuna sensazione piacevole - cosa rara per me.
Non so cosa non vada in quella donna, proprio non so. Forse il suo modo di fare - sempre molto pratico, privo di fronzoli, ricco di frasi asciutte, dichiarative, pertinenti. Un'aggettivazione mai banale. Ecco, tutta questa precisione deve, in qualche modo, fare il paio con la mia precisione, con quella che uso, sì, ma solo per uccidere.
La restante parte della mia vita è, invece, piena di imprecisioni, sbavature, deviazioni, frasi che si fermano, distrattamente, da qualche parte, che non continuano, che non portano a termine un bel nulla.
In qualche modo associo la precisione all'annullamento del desiderio. La precisione di questa donna deve farmi questo effetto.
D'altra parte, questa incapacità, questa assenza d'interesse è cosa condivisa: anche lei deve nutrire, nei miei confronti, lo stesso gelido disinteresse. E, questa cosa, proprio per la sua forte negatività, mi tenta e forzerei volentieri questa situazione, portandomela a letto, avvolto da questa necessità di comprensione - non di sesso.
Abbiamo attraversato il cortile, ho buttato uno sguardo alla testa di cavallo che troneggia sul fondo, ho riconsiderato l'ipotesi che, proprio perché è una copia, quindi un falso, finisce con l'attrarmi ancora di più; ci siamo ficcati nella strettoia, siamo arrivati al portoncino metallico, l'entrata di quelli che, una volta, dovevano essere i magazzini e che, ora, invece, ristrutturati, hanno un che di... oh, beh, chissenefrega.
Le guardo il sedere mentre saliamo. Me la immagino mentre si spoglia davanti al vecchio, ripiega i jeans prima di inginocchiarsi davanti a lui, comodamente stravaccato nella poltrona.
La poltrona blu. E' lì che lo trovo mentre fuma mollemente una pipa che deve essere antichissima - chissà dove l'ha trovata.
Accomodati.
Mi tratta come un figlio e guardo, ancora una volta con stupore, i suoi capelli bianchi che hanno un che di cangiante - lo conosco da vent'anni e li ha così da sempre.
Come stai?
Gli faccio un mezzo sorriso. Continua a imbarazzarmi, non so perché. So bene quanto mi apprezzi - nel lavoro, dico - eppure non mi va di condividere quella confidenza, che, ormai, dovrebbe essere scontata.
Mi siedo davanti a lui. La sedia di canapa. Lo guardo, gli sorrido. Leila rimane a una certa distanza, in piedi, impassibile. Condivide col vecchio tutti i segreti - sono cose che non so e che non voglio sapere.
Questa volta rimani qui, a Napoli. Ti fa piacere?
Mi guarda per un attimo, sa leggermi negli occhi. No, non so se mi fa piacere. In genere mi sposto, sarebbe la prima volta che lavoro qua.
E la copertura? - gli chiedo.
Ti ho trovato un posto in una scuola. Farai il professore. Ho sempre immaginato che, se non avessi fatto questo lavoro, avresti fatto il professore. Hai l'aplomb del maestro, il sadismo degli insegnanti... e la laurea. Così la usi, almeno una volta nella vita ti torna utile... Quando avremo un po' di tempo ti racconterò una storia che appartiene a me, al mio passato.
Leila ci porta qualcosa da bere.
Stai andando dallo psicologo?
Gli faccio di sì col capo.
E' uno bravo, sai? Dovresti essere più assiduo...
Dovrei essere più assiduo. L'unica cosa che lo preoccupa è che la mia avidità sessuale possa interferire col mio lavoro ma non è mai successo. C'è una parte del mio cervello che riesce a muoversi per conto suo, che mette in ordine i pensieri, che mi permette di rimanere saldo a quella consequenzialità logica utile a non commettere errori.
Ho diviso saggiamente la mia vita tra la morte altrui e la sessualità mia. Che non è poi così perversa come potrebbe sembrare. Anzi. Tutto sommato è piuttosto tradizionale, armoniosa, limpida. E' ciò che ho di più trasparente, in qualche modo.
In questa caso la tua situazione potrebbe essere d'intralcio - dice.
Perché lavoro in una scuola?
Potrebbe. Ma mi fido di te. So che porterai a termine il lavoro, come al solito.
Certo, come al solito.
Leila ti darà tutte le istruzioni.
Come al solito.
Mentre scendo le scale e sento il rumore della porta che, dietro di me, lentamente si chiude, raccolgo un odore che mi convince che il vecchio è già pronto per scopare.
Leila, Leila, perché il tuo corpo mi sfugge?

- continua, credo.