lunedì 2 marzo 2015

6. La donna con cui dormi (Keller vs Kundera)

"Tutto sommato sono d'accordo con Milan Kundera: è solo con la donna che ami che desideri dormire assieme. Ti serve sentirla durante tutta la notte. Stai lì a volerle toccare la gamba o il piede o il braccio. Senti la necessità di un contatto perché quel contatto ti rende felice, ti fa stare tranquillo..."
Guardo fisso Bruno Keller perché non posso credere che sia lui a dirmi queste cose.
"Ti stupisco?"
Sì, mi stupisci ma non mi va di dirtelo, di darti questo piacere.
"Credevo avessi una compagna..."
"Certo che ho una compagna. Discretamente distante nello spazio e nel tempo... Mi piace accompagnarla a casa, la sera."
"Non vivete assieme..."
"Perché imporci un simile supplizio?"
"Quindi non l'ami, ho capito bene?"
"Sai cos'è? Col passare delle ore divento... antipatico. Mi rabbuio. Vado in tilt per un nonnulla. Credo che sia la stanchezza. O il fatto che la centralità del sesso annulla qualunque altro interesse. Te l'ho detto: è un mio problema e non è secondario. Vicino a una donna non riesco a starci per più di qualche ora. E dopo averci fatto l'amore il mio periodo refrattario può durare anche giorni... non scherzo..."
"Ma una donna con la quale dormire l'hai trovata, no?"
"Tania, la mia compagna, è bellissima. E ha vent'anni meno di me. E' una persona colta, divertente e con due tette fantastiche", cerca di distrarmi. "Perché non la intervisti? Ci sarà anche lei nel mio film."
"La protagonista?"
"Ma no, che dici? Un ruolo... irrilevante, secondario, innocuo. Però può raccontarti un sacco di cose di me. Le cose migliori, le più perverse, le più schifose, quelle che mi rendono laido e irrimediabilmente vivo. E vero. Te l'ho detto di questa mia fissa per il vero, no?"
Sì, me l'avrà detta.
Allora gli chiedo di questa cosa dell'amore, come se fosse vero che uno ama una sola volta nella vita, una al massimo due. "Te lo ricordi il film La parola amore esiste?", "Quello di Mimmo Calopresti? Sì, vagamente. So che ne ha girato un altro ultimamente...", "Beh, lì c'è questa cosa... viene detta questa cosa." "E cioè? che uno ama una o due volte nella vita?" "Esatto. A te come... com'è andata?"
Si ferma un attimo. Aspira dalla canna che si sta sparando, quasi la finisce.
"A me è andata benissimo"
"Hai conosciuto l'amore?"
"Di più. Ho conosciuto la felicità."
"La felicità?"
"L'errore sta nel dare un'estensione a questa parola, a questo concetto, a questo stato sublime che non appartiene all'anima, appartiene proprio al corpo. La felicità..."
Faccio un gesto col capo, un gesto vago e smarrito.
"Voglio dire che essendo uno dei pochi che l'ha provata, allora so bene quanto possa durare, la felicità. La felicità dura un attimo e te la porti dentro, ben conservata, per tutta la vita. Non hai necessità di provarla ancora una volta. Sarebbe quasi troppo. Te la devi far bastare. E ti basta, ti basta."
Il fumo deve avergli annebbiato il cervello. Non lo seguo più.
"Ma che dici?"
"Dico che la felicità ti entra dentro. Oppure attiva qualche cellula cerebrale, questo non lo so. Ma quando ce l'hai, ce l'hai. E basta."
"Allora sei felice sempre?"
"No."
Veramente non lo capisco.
"Non sono felice mai. Ma va bene così. Te l'ho detto: sono un uomo fortunato."
Cerco di riportarlo alla realtà. "Quando inizierai con i casting?"
"La prossima settimana. Ma inizio con Lino, un mio amico. Non sarà un vero e proprio casting, sarà una chiacchierata."
"Ti va se vengo anch'io?"
"Preferisco di no. Ma, se vuoi, ti passo i nominativi di quelli che vedrò. Sono attori, gli farà piacere se li intervisti."
"Va bene, farò così."
"Allora? Vuoi il numero di Tania?"

Sono tornato a casa. Ho cercato la frase di Milan Kundera che ricordavo benissimo: sta ne L'insostenibile leggerezza dell'essere e dice così: "L'amore non si manifesta col desiderio di fare l'amore (desiderio che si applica a una quantità infinita di donne) ma col desiderio di dormire insieme (desiderio che si applica a un'unica donna)".

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