mercoledì 11 marzo 2015

11. Una declinazione dell'amore che non condivido

Bruno Keller non si è opposto al fatto che io incontrassi Tania, la sua donna.
Anzi, mi ha agevolato dandomi il numero del cellulare e chiamandola lui stesso, per me.
Alla fine ci siamo visti in un bar dalle parti di Colle Oppio, un bar anonimo che ci ha consolati con due terribili caffè.
Tania era lì, prima di me.
Il jeans aderente, una maglietta troppo attillata e le tette invitanti, messe in bella mostra, senza alcuna malizia - sembrava si trovassero lì per caso.
Ovviamente Bruno non ha voluto esserci: ha detto che Tania doveva sentirsi libera di dire quello che voleva.
E così è stato, perché la ragazza ha parlato senza peli sulla lingua, come si conviene a una che ha vent'anni in meno del suo compagno, invadente come solo Bruno Keller sa essere.
"Di' la verità, appena mi hai vista hai pensato: ma chi glielo fa fare a questa qui?"
"Beh, ho pensato qualcosa di simile, sì. Ma sembra vada di moda: lei giovanissima e lui bello maturo."
"Ah, pensavi all'età! No, io non dicevo questo."
"E cosa dicevi?"
"Facevo riferimento al carattere orribile che ha Bruno. E a come mi tratta."
"Non so come ti tratta."
"Puoi immaginarlo. Mi tratta male, no?"
"Ti tratta male?"
"Ha sempre la testa da un'altra parte."
"E' fissato col sesso. Magari ti faceva piacere questa cosa..."
"Pensi che uno che voglia fare sesso a tutte le ore del giorno sia piacevole?"
"Credo di sì."
"E ti sbagli. Almeno non è piacevole per me. E' piacevole per il primo mese ma, poi, ti rompi i coglioni. Pensi di essere un oggetto, che stai lì, vicino a lui, solo per questo. Tutto il resto scompare. Niente famiglia, nessuna quotidianità, niente di niente. Solo quest'ossessione che, forse, le altre donne credono fantastica. E mi chiedono: di cosa ti lamenti? sei fortunata..."
Il suo accento da ragazza dell'est mi attrae più dei suoi seni. Ma sto esagerando anch'io.
"Quando l'ho conosciuto mi divertiva un casino. Mi portava a cena fuori, andavamo al cinema, mi faceva conoscere gente. Ma queste cose erano secondarie. Doveva portarmi a letto, tutto qui. Qualunque cosa faccia è dominata da questo pensiero. Se stai facendo con lui la spesa al supermercato o se stai passeggiando in un parco, stai pur certo che lui si sta solo chiedendo quanto tempo deve ancora passare prima di finire a letto, a scopare."
"Allora te lo chiedo: perché non lo mandi a quel paese?"
"La risposta è semplice. E stupida. Perché lo amo, no?"
Già, lo ama. Che domande idiote che faccio. La verità è sempre la stessa ed è nascosta dietro a questo assurdo sentimento che massacra la vita a milioni di persone, a miliardi di persone, tutte convinte che, con l'amore, grazie all'amore, si possa essere felici. Per lo più, invece, si sta lì a combattere affinché questo sentimento si tramuti, quanto prima, in una specie di realtà molle, plasmabile, qualcosa che sia capace d'insinuarsi tra le vite di due persone, che possa cementificarsi abbastanza senza perdere una certa plasticità - giusto per fare qualche movimento. E dopo che l'amore è diventato questa cosa, allora possiamo dargli quel nome banale e sublime che è quotidianità.
In qualche modo ho la sensazione d'iniziare a condividere alcune idee, alcuni concetti chiave di Keller e, questo, mi spaventa, questa è l'unica cosa che vorrei assolutamente evitare. L'idea che Bruno Keller possa penetrare sottilmente nella mia vita mi fa rabbrividire.
"Ma un giorno ce la farò", mi dice Tania. "Ce la farò a lasciarlo. Magari torno in Polonia."
"A fare che? Cosa ti piacerebbe fare?"
"Mi piacerebbe scrivere. Ma non film. Romanzi. Mi piacerebbe scrivere romanzi d'amore."
"Quanti anni hai?"
Lei mi sorride. "Sono troppo giovane anche per te." Si alza, raccoglie la borsa che appoggia al braccio, come una casalinga che si appresta ad andare a fare la spesa, senza grazia, nonostante sia così sfacciatamente attraente e sensuale - l'emblema della fertilità.
"Vedi, a me Bruno piace troppo. Non lo tradirei mai. Lui non lo sa e ci scherza sempre su ma a me farebbe proprio piacere stargli vicino anche quando invecchierà, perché io so che lui invecchierà bene... Invece lui pensa che lo tradirò, che, prima o dopo, me ne andrò con uno più giovane. Il sesso, se ti domina, ti fa pensare solo queste cose qui. La gelosia ti divora e brucia il bello che potrebbe esserci. Lui non sa cosa si sta perdendo. Oppure lo sa."
Fisso Tania per un tempo lunghissimo e la guardo così, solo perché, in quel momento, mi accorgo di pensarla esattamente come Bruno. Mi dico: quanto puoi resistere? Altri dieci anni? Poi ci sarà il decadimento fisico, gli acciacchi, i fastidi brutali che ti regala la vecchiaia. Quanto resisterai?
E Tania sembra leggermi nel pensiero.
"Ti sbagli", mi dice. "Ti sbagli come sbaglia lui. Io sono fatta così e so quello che dico. So cosa farei nel futuro. L'amore è questa cosa qui, questa cosa così appiccicosa che non ti permette di pensare ad altro, che ti impedisce di guardare altrove. Bruno mi piace e mi piace perché è affascinante, perché ha carisma, perché sa sognare meglio di chiunque altro. E, forse, perché è un maledetto, è uno che sta male, che soffre, che ha la testa altrove, che sta dietro a qualcosa che non riesco a capire. No, non è vero. Che non voglio capire." Si ferma, sta zitta. Questa volta è lei a fissarmi per un attimo lunghissimo. S'aspetta che io le dica qualcosa, che io sciolga il nodo, che io sputi fuori la verità.
Ma è una verità che non conosco
Che non credo di conoscere.
O, forse, sì?
Eva? Vuole che le parli di Eva?
Il volto, improvvisamente, le diventa truce. Arrabbiato. Insoddisfatto. Cosa vuole che le dica? io non so niente. Non so ancora niente.
Eva?

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