sabato 3 settembre 2016

NESSUNO

Stanotte mi ha chiamato improvvisamente Bruno Keller. Da un anno non lo sentivo.
Aveva voglia di filosofeggiare e io gli ho fatto da sponda ma non per molto. Si sentiva che era mezzo ubriaco...
Mi ha spiegato, a proposito dell'amore, e fermo restando tutto ciò che lui pensa essere questo sentimento (maledetto, osceno, violento, contraddittorio, dolorosissimo e sublime), che le donne migliori - ma credo volesse dire i rapporti migliori - sono quelli che non hanno nome, ruolo, funzione.
Mi ha detto: mettiamo che tu sia "mia moglie". Ecco, questa parola, moglie, sembra concederti tutta una serie di privilegi mentre, invece, non fa altro che legarti a sistemi forti, che, col tempo, t'impediranno di godere.
Nel momento in cui sei "mia moglie" finisci con l'acquisire legami con persone con le quali mai avresti preferito avere legami. Con mia madre, ad esempio. Con la mia ex moglie. Con i miei figli.

Allora gli ho detto: quindi tutte le donne dovrebbero essere amanti.

No, no, no, macché. L'essere "amanti" è un ruolo a sua volta. Comporta una serie di aspettative, doveri, necessità inimmaginabili. Esattamente come succede agli altri ruoli.
Quando dico che "non devono avere nome" intendo proprio che sono destinate a qualcosa di indicibile: è il regno della libertà assoluta. Una donna della quale non sai definire il livello di parentela, di legame, può fare quello che vuole. E qualunque tua gelosia - dico per dire - sarebbe fuori luogo. E questo lo sai: perché se non puoi definire in una parola il tipo di legame, allora tutto è possibile.
Elimina le parole e ti rimane, solo, il godimento.