giovedì 1 gennaio 2015

Nuovi misteri napoletani - 2 (il sesso è una cosa seria)

Leila mi cammina davanti; io la seguo, come al solito, ciondolante, con la mia camminata maldestra, un po' da matto.
Guardo la forma del suo corpo, certo. Armonico direi. Ma non so perché, stranamente incapace di attrarmi. Anche il sedere non è male ma, proprio, non riesco a provare nessuna sensazione piacevole - cosa rara per me.
Non so cosa non vada in quella donna, proprio non so. Forse il suo modo di fare - sempre molto pratico, privo di fronzoli, ricco di frasi asciutte, dichiarative, pertinenti. Un'aggettivazione mai banale. Ecco, tutta questa precisione deve, in qualche modo, fare il paio con la mia precisione, con quella che uso, sì, ma solo per uccidere.
La restante parte della mia vita è, invece, piena di imprecisioni, sbavature, deviazioni, frasi che si fermano, distrattamente, da qualche parte, che non continuano, che non portano a termine un bel nulla.
In qualche modo associo la precisione all'annullamento del desiderio. La precisione di questa donna deve farmi questo effetto.
D'altra parte, questa incapacità, questa assenza d'interesse è cosa condivisa: anche lei deve nutrire, nei miei confronti, lo stesso gelido disinteresse. E, questa cosa, proprio per la sua forte negatività, mi tenta e forzerei volentieri questa situazione, portandomela a letto, avvolto da questa necessità di comprensione - non di sesso.
Abbiamo attraversato il cortile, ho buttato uno sguardo alla testa di cavallo che troneggia sul fondo, ho riconsiderato l'ipotesi che, proprio perché è una copia, quindi un falso, finisce con l'attrarmi ancora di più; ci siamo ficcati nella strettoia, siamo arrivati al portoncino metallico, l'entrata di quelli che, una volta, dovevano essere i magazzini e che, ora, invece, ristrutturati, hanno un che di... oh, beh, chissenefrega.
Le guardo il sedere mentre saliamo. Me la immagino mentre si spoglia davanti al vecchio, ripiega i jeans prima di inginocchiarsi davanti a lui, comodamente stravaccato nella poltrona.
La poltrona blu. E' lì che lo trovo mentre fuma mollemente una pipa che deve essere antichissima - chissà dove l'ha trovata.
Accomodati.
Mi tratta come un figlio e guardo, ancora una volta con stupore, i suoi capelli bianchi che hanno un che di cangiante - lo conosco da vent'anni e li ha così da sempre.
Come stai?
Gli faccio un mezzo sorriso. Continua a imbarazzarmi, non so perché. So bene quanto mi apprezzi - nel lavoro, dico - eppure non mi va di condividere quella confidenza, che, ormai, dovrebbe essere scontata.
Mi siedo davanti a lui. La sedia di canapa. Lo guardo, gli sorrido. Leila rimane a una certa distanza, in piedi, impassibile. Condivide col vecchio tutti i segreti - sono cose che non so e che non voglio sapere.
Questa volta rimani qui, a Napoli. Ti fa piacere?
Mi guarda per un attimo, sa leggermi negli occhi. No, non so se mi fa piacere. In genere mi sposto, sarebbe la prima volta che lavoro qua.
E la copertura? - gli chiedo.
Ti ho trovato un posto in una scuola. Farai il professore. Ho sempre immaginato che, se non avessi fatto questo lavoro, avresti fatto il professore. Hai l'aplomb del maestro, il sadismo degli insegnanti... e la laurea. Così la usi, almeno una volta nella vita ti torna utile... Quando avremo un po' di tempo ti racconterò una storia che appartiene a me, al mio passato.
Leila ci porta qualcosa da bere.
Stai andando dallo psicologo?
Gli faccio di sì col capo.
E' uno bravo, sai? Dovresti essere più assiduo...
Dovrei essere più assiduo. L'unica cosa che lo preoccupa è che la mia avidità sessuale possa interferire col mio lavoro ma non è mai successo. C'è una parte del mio cervello che riesce a muoversi per conto suo, che mette in ordine i pensieri, che mi permette di rimanere saldo a quella consequenzialità logica utile a non commettere errori.
Ho diviso saggiamente la mia vita tra la morte altrui e la sessualità mia. Che non è poi così perversa come potrebbe sembrare. Anzi. Tutto sommato è piuttosto tradizionale, armoniosa, limpida. E' ciò che ho di più trasparente, in qualche modo.
In questa caso la tua situazione potrebbe essere d'intralcio - dice.
Perché lavoro in una scuola?
Potrebbe. Ma mi fido di te. So che porterai a termine il lavoro, come al solito.
Certo, come al solito.
Leila ti darà tutte le istruzioni.
Come al solito.
Mentre scendo le scale e sento il rumore della porta che, dietro di me, lentamente si chiude, raccolgo un odore che mi convince che il vecchio è già pronto per scopare.
Leila, Leila, perché il tuo corpo mi sfugge?

- continua, credo.

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